Nel 1839 Hamid lo incaricò di recuperare dalle mani dell’imperatore indiano Ranjit Singh un frutto dell’eden a forma di diamante chiamato koh-i-noor, sul quale c’era anche l’interesse dei templari che, infiltratisi tra gli ufficiali britannici (la gran bretagna si sarebbe presto appropriata dell’India dal momento che gli eredi dell’imperatore erano di fibra molle e pertanto avrebbero rapidamente consegnato l’india alla gran bretagna) avrebbero avuto la strada spianata nell’impossessarsene. Tra le peculiarità del koh-i-noor ricordiamo un paio: era la sede della coscienza di una Isu di nome Durga e creava delle illusioni. Arbaaz Mir rubò il Koh-i-noor e, prossimo ad essere catturato dalle guardie dell’imperatore, lo diede al suo servo, un ragazzo muto di nome Raza Soora, affinchè lo custodisse. Il servo diede il gioiello ad una nipote dell’imperatore di nome Pyara Kaur.
Dopo la morte dell’imperatore, avvelenato dagli inglesi, Pyara Kaur cercò di scappare con il Koh-i-noor ma fu fermata dal templare inglese Francis Cotton e Pyara attivò il potere del diamante: Durga si impossessò della ragazza e disse che gli uomini dovevano essere uniti nell’affrontare il proprio destino. Cotton sparò a Pyara, spaventato dalla vista di Durga, ma il proiettile distrusse il diamante che emise un’esplosione che fece crollare parte del palazzo reale.
L’assassino indiano, che ne frattempo aveva raggiunto Pyara e Raza, si salvò con loro 2 tuffandosi in una piscina mentre Cotton fu ucciso da una tigre generata dall’esplosione del Koh-i-noor.